POSCIA, PIU’ CHE LA FRANA POTE’ IL COVID
di Adriano Gallevi
Come dice il suo cognome, in questi anni di acqua n’è passata sotto i ponti di Salvatore Passalacqua, titolare di uno dei più rinomati caseifici siciliani in quel di Castronuovo di Sicilia (PA).
Spirito ribelle fin da bambino che, fortunatamente ha conservato, la sua storia ha inizio alla fine degli anni ’80 quando giovinetto dice chiaramente ai genitori, panificatori, di non aver nulla di personale con il bianco, ma che a quello della farina preferiva di gran lunga quello del latte, specie se aveva delle sfumature di giallo (siamo ancora lontani, però, dalle 50 sfumature…).
Salvatore si guarda intorno e capisce che se vuole vincere la scommessa con sé stesso prima che con i suoi genitori, deve creare un nuovo formaggio che esca dagli schemi tradizionali siciliani, ma sempre nel rispetto della genuinità dell’utilizzo di una materia prima d’eccellenza.
Capisce anche che, almeno inizialmente, le materie prime (foraggi e latte) le deve produrre in prima persona in una stalla che mette in piedi nel cuore dei Monti Sicani, al confine della provincia di Palermo.
Ribelle, ma non stupido, completamente autodidatta, con pochi “picci” nella tasca, sa che le difficoltà che dovrà superare saranno notevoli; ma la capa è “tosta” e la volontà immensa.
S’inventa il Fior di Garofalo®, -dal nome della località dove si produce- oggi Fiore Sicano, unico formaggio vaccino siciliano a pasta molle, e crosta fiorita; a qualcuno verrebbe voglia di accostarlo a uno stracchino, ma sarebbe come mischiare la lana con la seta…: provare per credere! I negozi specializzati locali se lo contendono subito ed immediatamente la fama e la fame del Fiore s’espande alla Provincia e molto più in là.
Salvatore è però un “intellettuale del formaggio”; a lui piace la lettura dei classici, ascolta musica, preferibilmente non classica ma quella stimolante degli anni ’70-’80, che non manca mai, quando il latte sta trasformandosi in formaggio. Sa che la storia dei formaggi siciliani è ricca e millenaria e che Omero, nella sua Odissea, cita il gigante Polifemo che nella sua grotta siciliana alleva pecore e si nutre di formaggio.
Prodotti storici della tradizione siciliana sono il Pecorino siciliano, il Primo sale, il Canestrato, la ricotta. Salvatore, abbiamo detto però, è ribelle e non gli piace confondersi con la massa per cui dopo il Fiore, stimolato anche da Roberto Rubino, allora Direttore dell’Istituto Zootecnico di Bella, e con la particolare collaborazione di Pippo Licitra, s’inventa la Tuma Persa® o, meglio, la riporta in auge (perché appunto, negli anni, dal 1935, si era…persa) coniugandola a suo modo.
Anch’essa entra nel paniere dei formaggi tipici siciliani con l’unico obiettivo di preservarne e, anzi, esaltarne la qualità. È un formaggio a latte vaccino, a pasta pressata, caratterizzato da una stagionatura di almeno 8 mesi, dal sapore tra il dolce e il salato ma mai piccante: una gioia per il palato.
E poi c’è l’ultimo nato, il Narangi®, anch’esso a marchio registrato, dal colore giallo-avorio e impreziosito da scaglie d’arancia, dal sapore e dal profumo gradevolissimi.
Il giallo: è il colore dominante di tutti i formaggi prodotti e questo vuol dire che il latte proviene da animali che conoscono solo ed esclusivamente pascoli, erba e fieno polifiti che trasmettono tutta la carica di beta carotene, omega 3 e polifenoli di cui sono portatori.
Quindi, gusto, profumi, e nutrimento, per cui è giusto che i prodotti di Salvatore siano tutelati da un marchio che è garanzia di qualità e genuinità.
Con giusto orgoglio, Salvatore dice: «So fare buoni formaggi perché sono nel territorio giusto e perché sono rimasto quello degli inizi; io continuo a giocare, ovvero a sperimentare. E mi piacerebbe che, al di là delle mie figlie, questo mestiere possa continuare nel tempo. Sarebbe bello se riuscissi a fare formazione proprio all’interno della mia azienda perché non si perdano i segreti di una lavorazione unica».
Si, ma che c’entra la frana del titolo? C’entra, c’entra!
Si da il caso che nel novembre 2018 un’alluvione si portò via un pezzo di strada di accesso al caseificio al punto che era impossibile raggiungerlo e, quindi, proseguire nell’attività. Salvatore lanciò appelli e tutto il mondo, caseario e non, si mobilitò perché la situazione tornasse alla normalità.
In pochi mesi, in qualche modo, il caseificio riprese a funzionare appieno, anche in presenza di un’infrastruttura che attendeva, e attende, una sistemazione definitiva e non provvisoria come ora. Salvatore riprese vigore e coraggio anche in vista della realizzazione della nuova struttura casearia progettata con annessa scuola per casari.
Mai a pensare, però, che se le forze della natura, in qualche modo possano essere vinte, quelle del mondo impalpabile, imprevedibile, misterioso, dei virus potesse in qualche modo intervenire per minacciare seriamente la completa realizzazione del sogno che l’adolescente Salvatore aveva saputo, crescendo tramutare in realtà.
È di questi giorni la notizia che importanti aziende nazionali e internazionali, che assorbivano circa l’80% della sua produzione, hanno sospeso i ritiri del prodotto a causa delle nefaste ripercussioni della pandemia.
Ce la farà Salvatore, al quale non è mai venuta meno la collaborazione di tutta la famiglia: una paziente e pragmatica moglie, due figlie meravigliose: Maria Teresa che, accanto al papà, segue più direttamente la produzione, cioè il mattino la preparazione dei formaggi e la loro stagionatura, e, nel pomeriggio, a tirare tutto a lucido i locali; e Francesca, che invece segue la parte amministrativa e commerciale, comprensiva degli ordini, anche dall’estero.
Queste tre forze familiari, che con sano pragmatismo provano ogni tanto a frenare gli entusiasmi adolescenziali di Salvatore, sono anche loro preoccupate di questa imprevedibile situazione e perché egli non si voglia risvegliare completamente da questo sogno.
Anche noi dell’Anfosc, che annoveriamo Salvatore tra i primi e più entusiastici soci e che ha sempre seguito e sostenuto…. tutti i nostri sogni, pur essendo anche noi preoccupati, diciamo a Salvatore di non mollare: passerà anche questa tempesta, lascerà dietro morti e feriti.
Ma tu Salvatore, per noi, sei e sarai sempre come l’Araba Fenice. A te, chi t’ammazza?