La pasta del formaggio

1191

Il colore della crosta e del formaggio ci ha già dato molte informazioni sia sulla qualità del latte di partenza e sia sulla maestria del casaro. Dovremmo essere riusciti a risalire alla specie animale, dovremmo aver almeno percepito se ci troviamo di fronte ad un formaggio di pecora, di capra, di vacca o di bufala. Se di vacca o di pecora, sappiamo già cosa ci possiamo aspettare nel corso della degustazione, perché il colore è molto indicativo della qualità del latte di partenza. E poi, l’uniformità del colore, o un’eventuale decolorazione ci fanno già presagire che il casaro qualcosa deve aver sbagliato.

Spaccature varie
Spaccature varie

Passiamo ora a esaminare la pasta, la sua uniformità, la sua compattezza, e soprattutto la presenza e la grandezza delle occhiature, quei buchi di diversa grandezza che troviamo, o non troviamo, dispersi sull’intera superficie. Cosa sono queste occhiature? Molto semplicemente, sono il risultato dell’attività di diversi batteri presenti nel latte e che ritroviamo nel formaggio. L’anidride carbonica prodotta dai batteri crea delle sacche all’interno della pasta la cui grandezza e tipologia dipendono dal tipo di batteri. Quindi, in base a queste due caratteristiche noi possiamo risalire sia al sistema di allevamento e sia alla tecnica di caseificazione utilizzata dal casaro.

Le occhiature

All’origine, appena esce dalla mammella, il latte è sterile, non contiene batteri ma solo enzimi di diversa natura la cui attività non è riscontrabile però sulla pasta. Se al momento della mungitura il latte è privo di batteri, subito dopo, immancabilmente, la qualità dell’aria, dell’ambiente fa sentire le sua influenza. Nelle stalle moderne, dove tutto è ben controllato e dove il latte non viene mai a contatto con l’ambiente, la carica batterica di questi latti è bassissima e gli effetti sul processo di caseificazione e sul formaggio sono sintomatici e ne abbiamo già parlato nel capitolo precedente: una carica batterica bassa rallenta o rende difficoltosa l’acidificazione della pasta e il risultato, ancorché ottenuto con grosse difficoltà, è un formaggio a pasta compatta, senza occhiature. Ma questa situazione la possiamo riscontrare anche quando in caseificio il latte viene pastorizzato: la pastorizzazione distrugge i batteri e il formaggio si presenta compatto, senza le attese occhiature. Anche se il latte proviene da allevamenti estensivi, persino se gli animali sono al pascolo. Quindi, un formaggio senza occhiature è sinonimo o di un latte prodotto in sistemi intensivi o, anche, di un buon latte, ma pastorizzato. In entrambi i casi, la degustazione non ci dovrebbe dare molte delusioni: ci dobbiamo aspettare un formaggio con un aroma piatto o attenuato dal trattamento termico.

Se invece le occhiature sono presenti, dobbiamo osservare e saper leggere con attenzione la tipologia e la loro frequenza.

Le occhiature sono essenzialmente di tre tipi:

Pecorino
Occhiatura leggera sinonimo di latte crudo

Piccole e irregolari. In questo caso ci troviamo di fronte ad un formaggio prodotto a latte crudo e con una carica batterica tale da dare un equilibrio alle occhiature, piccole e diffuse su tutta la superficie. Se la loro presenza è elevata, e se la grandezza non è regolare, vorrà dire che la carica batterica di partenza era elevata e che ci possiamo aspettare anche odori anomali, dovuti a batteri fecali. Naturalmente ci sono delle eccezioni. Ci sono molti formaggi, a latte pastorizzato, come per esempio l’Asiago, che presentano occhiatura dovute a fermenti che vengono aggiunti e a una tecnica che non pressa molto la pasta al momento della messa in forma. Possiamo quindi concludere che un’occhiatura piccola e ben diffusa è sempre da ricercare, perché ci rimanda a un latte non pastorizzato, anche se dobbiamo sempre fare attenzione all’etichetta per quei formaggi che prevedono l’uso di fermenti e tecniche che permettono la formazione delle occhiature.

Occhiature medie (a volte grandi) e rotonde. Molti formaggi, soprattutto quelli a pasta pressata dell’arco alpino e in qualche caso anche a pasta filata del Sud presentano questo tipo di occhiature. Esse sono determinate da batteri propionici che sono presenti o nell’ambiente o nei fieni. Non le possiamo considerare una caratteristica di questi formaggi perché non sono presenti in tutta la produzione, ma nemmeno possiamo considerale un difetto, perché in molte zone del paese vengono accettate se non apprezzate per la loro influenza sul gusto e sulla tessitura del formaggio. Ce ne accorgiamo subito all’odore e alla degustazione: richiamano alla mente l’Emmental, la pasta è dolce ed elastica. Naturalmente non sono da considerarsi un difetto ma una caratteristica, le occhiature, piuttosto evidenti, di tutti i quei formaggi che si richiamano alla tecnica dell’Emmental. E mi riferisco non solo a tutta quella gamma, molto ampia, di specificità del nord dell’Europa, ma anche a quei caciocavalli il cui nome comprende la parola” Occhiato” e che sono prodotti utilizzando i fermenti propionici e il cui odore, sapore e struttura richiamano alla mente l’Emmental e non quello che ci aspetteremmo: un caciocavallo, appunto.

Caciocavallo con pasta a sfoglie
Caciocavallo con pasta a sfoglie

Occhiature grandi e difformi. Può capitare, anche se in genere questi formaggi non vengono messi in commercio, che il formaggio presenti occhiature grandi, eterogenee, ed esso stesso si presenti con rigonfiature evidenti. Ci troviamo di fronte ad un’infezione di Clostridi, batteri presenti negli insilati e a volte anche nei fieni, che oltre al rigonfiamento, danno luogo a odori sgradevoli, a volte nauseabondi. In questo caso si tratta di un difetto che peggiora notevolmente la qualità del formaggio fino a consigliarne il ritiro dal mercato.

Le spaccature

caciocavalli Castelfranco
Varietà di spaccature ed unghie; colori diversi per effetto di una diversa qualità del latte

Ma la pasta a volte può presentare anche spaccature, vuoti isolati, fenditure sparse qua e là. In questo caso si tratta di problemi tecnici, dovuti essenzialmente a una pressatura della pasta non perfettamente eseguita, ma le conseguenze non sono importanti, non ci dobbiamo aspettare sorprese nell’assaggio e nella degustazione. A volte però queste fenditure riguardano tutta la pasta. Nel caso dei caciocavalli, queste assumono la forma simile a quella della cipolla tagliata: sembrano sfoglie di pasta. Se osserviamo meglio la pasta, la vediamo di un bianco insolito, perché ci troviamo di fronte ad un’acidificazione eccessiva avvenuta durante lo spurgo della cagliata. E questa volta gli effetti saranno evidenti nel corso della degustazione, perché il formaggio si presenterà asciutto, i gessoso, acido e quasi privo di sapori, perché l’acidità avrà coperto e sovrastato le note aromatiche.

L’unghia

Unghie
Unghia troppo spessa e pasta acida

Lo spessore della crosta, detto in gergo “unghia”, in molti formaggi stagionati, soprattutto artigianali, ci può dare informazioni preziose. Prima di tutto qual è la sua funzione? Nel corso della stagionatura, affinché all’interno possano avvenire le reazioni enzimatiche necessarie per degradare le proteine e i grassi (la proteolisi e la lipolisi), il contatto con l’esterno è importante. La crosta quindi deve essere sufficientemente spessa per evitare che il formaggio ceda, si spacchi, ma anche permeabile per permettere lo scambio con l’interno. Un passaggio difficile nel corso della caseificazione, perché il casaro deve bilanciare bene la fuoriuscita del siero con la giusta acidità finale della cagliata. A volte l’operazione non è perfetta, perché quel giorno fa più caldo e più freddo, e allora l’unghia è più spessa, tanto spessa da rallentare gli scambi con l’interno e a volta da bloccare completamente lo spurgo della cagliata con riflessi negativi sull’acidità, che prosegue senza arrestarsi. Quindi, quando vediamo un’unghia molto, troppo spessa, ci dobbiamo aspettare un’acidità non usuale per quel formaggio, in qualche caso, una nota finale amara, non necessariamente spiacevole. Insomma, un piccolo difetto, facilmente correggibile.

Conclusioni

Il colore della pasta ci ha dato informazioni molto utili su quello ci dovremmo aspettare da un formaggio. La lettura della superficie non ci permette di arrivare a tanto, ma ci da certamente segnali sulla tecnica di produzione del formaggio e sull’igiene del latte.

Sappiamo ora che è meglio ricercare formaggi con un’occhiatura leggera e uniforme, perché il latte sarà, con molte probabilità, crudo. Fatti salvo naturalmente quei formaggi che, per disciplinare, prevedono il latte crudo ma che sono senza occhiature. Penso al Grana Padano e al Parmigiano Reggiano.

I formaggi con occhiature che si richiamano all’Emmental, tonde e di medie dimensioni, rappresentano la tipicità di un territorio, di un alpeggio o di una zona. Potrebbero essere migliorati, ma vanno presi per quello che sono: l’espressione della cultura di quella zona.

Da escludere sono tutti quei formaggi con occhiature grandi, spesso maleodoranti, gessosi e poco piacevoli.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here